Quali sono i normali valori del ferro negli esami del sangue?
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Il ferro è un nutriente essenziale per il normale svolgimento di numerosi processi metabolici: interviene nella formazione dell’emoglobina, della mioglobina e di alcuni enzimi (citocromi), oltre a contribuire alle normali funzioni cognitive e al normale funzionamento del sistema immunitario.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) circa 600-700 milioni di persone nel mondo sono soggette a carenze di ferro. In Italia, circa il 7,1% delle donne e il 2,8% degli uomini soffre di deficit di ferro per motivi legati alla dieta. Data l’importanza del ferro per il corretto svolgimento di numerose funzioni fisiologiche, è importante tenere sotto controllo i normali valori di tale nutriente. Quando i valori sono inferiori rispetto a quelli fisiologici, potrebbero manifestarsi i tipici sintomi della carenza di ferro.
La quantità di ferro presente nell’organismo viene misurata attraverso specifici esami diagnostici come la sideremia, la transferrinemia e la ferritinemia. Questi valori contribuiscono, insieme ad altri esami che indagano la capacità ferro legante totale (TIBC) e alla saturazione della transferrina, a definire l’assetto marziale ossia ad avere un quadro del metabolismo e dell’equilibrio del ferro nell’organismo. Anche gli esami diagnostici per valutare la quantità di emoglobina nel sangue e i valori dell’ematocrito (esame che indica la percentuale del volume del sangue occupata dai globuli rossi) possono essere utili per approfondire la gravità di una eventuale carenza di ferro.
La carenza di ferro nell’organismo solitamente si manifesta con alcuni sintomi e disturbi tipici. Tra i sintomi della carenza di ferro si segnalano:
Più il deficit è importante, più si intensificano i sintomi della carenza di ferro. Nel caso estremo in cui i valori del ferro siano bassissimi si possono verificare anche una forte sete, uno stato confusionale e svenimenti.
In generale, la gravità dei sintomi dipende dalla velocità con cui si instaura la carenza di ferro. Una carenza di ferro determinata da un insufficiente apporto di tale nutriente con l’alimentazione, correlata a disturbi dell’assorbimento o legata a fattori fisiologici (gravidanza, allattamento, ciclo mestruale, crescita dell’organismo durante l’infanzia e l’adolescenza) si instaura in un tempo lungo e pertanto i sintomi sono meno gravi rispetto a una carenza di ferro causata da un’importante perdita di sangue conseguente a un trauma, a un’operazione chirurgica o a una emorragia intestinale.
Una carenza di ferro che si instaura lentamente nel tempo a volte è difficile da identificare. Soprattutto quando è di entità moderata, i sintomi della carenza di ferro possono essere molto lievi e non determinare disturbi evidenti. Pertanto non è raro scoprire una carenza di ferro in persone asintomatiche. In questi casi il deficit è identificato grazie a esami del sangue di routine o eseguiti per indagare problematiche che non hanno a che fare con un’anemia sideropenica.
Se si è soggetti a carenze di ferro, o se si avvertono alcuni dei sintomi descritti in precedenza, si consiglia di parlarne con un medico. Sarà il medico, attraverso gli esami del sangue, a identificare una eventuale carenza di ferro. In base all’esito, il medico proporrà la terapia più adatta per riportare nella normalità i valori del ferro nell’organismo.
In generale il medico consiglierà una dieta conalimenti ricchi di ferro e una eventuale integrazione con complementi nutrizionali a base di ferro. A seconda che si tratti di un adulto o di un bambino, il medico o il pediatra valuteranno i rimedi e gli integratori alimentari più opportuni per contrastare le carenze o l’aumentato fabbisogno organico di tale nutriente essenziale.
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